Tobia

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Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (Deuterocanonici)

Tobia 1 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (Deuterocanonici) (TILCD)

Sofferenza e preghiera di Tobi e di Sara

In diverse edizioni della Bibbia il libro ha come titolo il nome di Tobia (v. 9), figlio di Tobi (v. 1); la storia di Tobia infatti, occupa la maggior parte del racconto, dal capitolo 5 in poi. In altre edizioni, invece, il titolo del libro è dato dal

1. Questo libro racconta la storia di Tobi. Suo padre era Tobièl, figlio di Ananièl, figlio di Aduèl, figlio di Gabaèl, figlio di Raffaele, figlio di Raguele. Erano discendenti di Asièl e appartenevano alla tribù di ∆Nèftali.

2. Al tempo di Salmanàssar, re di Assiria, Tobi fu deportato da Tisbe, una città nell’alta Galilea che si trova a sud di Kades di Nèftali, a ovest sopra Azor e a nord di Fogor.

Tobi racconta la sua vita

3. Io, Tobi, sono stato un uomo onesto e leale, tutti i giorni della mia vita. Ho fatto molte opere di misericordia a quelli del mio popolo, deportati con me a Ninive.

4. Quando ero giovane e vivevo ancora in patria, nella terra d’Israele, tutta la tribù del mio antenato Nèftali si era distaccata dalla dinastia di Davide e da Gerusalemme. Questa era la città scelta fra tutte le tribù, come l’unico posto dove gli Israeliti devono offrire sacrifici al Signore, e perciò vi era stato costruito e consacrato il tempio, che è la casa di Dio, per tutte le generazioni del futuro.

5. I miei fratelli, come tutto il resto della tribù del mio antenato Nèftali, offrivano sacrifici su ogni montagna della Galilea. Essi adoravano la statua del vitello che il re d’Israele Geroboamo aveva fatto costruire a Dan.

6. Perciò spesso, in occasione delle feste, andavo da solo a Gerusalemme per il pellegrinaggio, perché io rimasi fedele alla legge che Mosè prescrive per sempre a tutto il popolo d’Israele.Io mi affrettavo verso Gerusalemme e portavo con me i miei frutti dei campi, i primogeniti del bestiame, la decima parte del mio reddito e la prima lana che avevo tosato alle pecore.

7. Al mio arrivo a Gerusalemme, li consegnavo ai sacerdoti, i discendenti di Aronne, per offrirli sull’ altare.Portavo anche la decima parte di grano, di vino e di olio, delle melagrane, dei fichi e degli altri frutti. Consegnavo tutto ai leviti che prestavano servizio a Gerusalemme.Per sei anni consecutivi vendevo un’altra decima parte dei miei averi e, ogni anno, spendevo il denaro ricavato a Gerusalemme.

8. Una terza decima parte ancora la distribuivo agli orfani, alle vedove e ai pagani che si erano convertiti e abitavano in mezzo al popolo d’Israele. Portavo ad essi questa offerta ogni tre anni, e in quell’occasione la consumavo mangiando insieme a loro, come ha prescritto Mosè nella legge e come ci aveva raccomandato Dèbora, la madre di mio nonno Ananièl.Mio padre era morto e io ero rimasto orfano.

9. Quando poi diventai adulto, mi sposai con Anna, una donna della mia stessa parentela. Da lei ebbi un figlio e lo chiamai Tobia.

10. Al tempo della deportazione in Assiria, anch’io fui fatto prigioniero e condotto a Ninive.I miei fratelli e tutti quelli della mia stirpe si misero a mangiare cibi proibiti dalla legge, come i pagani.

11. Io invece mi guardai bene dal toccarli.

12. Poiché restavo fedele al Signore con tutto il cuore,

13. l’Altissimo mi fece prendere in simpatia dal re Salmanàssar. Egli mi incaricò di fargli tutti gli acquisti di cui aveva bisogno.

14. Durante il suo regno io ero solito andare nella regione della Media, e là fare compere per conto del re. Così, in quella regione, depositai presso Gabaèl, il fratello di Gabri, trecentoquaranta chili d’argento contenuti in tanti sacchetti.

15. Alla morte del re Salmanàssar, salì sul trono suo figlio Sennàcherib. Allora l’Assiria perse il controllo delle strade che portano in Media, e perciò non potei più andarci.

16. Ai tempi di Salmanàssar, io avevo fatto del bene ai miei connazionali.

17. Davo il mio pane a chi aveva fame, e i miei mantelli a chi non aveva da vestirsi. Se vedevo il cadavere di qualcuno dei nostri gettato dietro le mura di Ninive, accorrevo a sotterrarlo.

18. Un giorno, il re Sennàcherib fu sconfitto in Giudea, perché il re del cielo lo aveva punito per tutte le bestemmie che aveva detto. Furente d’ira, tornò in patria e fece uccidere molti Israeliti. Io andai a prendere i loro cadaveri e li seppellii. Sennàcherib li fece cercare, ma invano.

19. Però una persona di Ninive andò dal re e lo informò che ero stato io a seppellirli.Io mi ero nascosto, ma quando seppi che mi avevano denunziato al re ed ero ricercato per essere condannato a morte, ebbi paura. Allora fuggii.

20. Tutti i miei beni mi furono confiscati e passarono nelle casse del re. Mi erano rimasti soltanto la moglie Anna e il figlio Tobia.

21. Dopo una quarantina di giorni, il re fu ucciso da due dei suoi figli, che poi fuggirono sui monti Araràt. Al posto di Sennàcherib salì al trono suo figlio Assarhàddon. Egli affidò la responsabilità di tutte le finanze del regno ad Achikàr, il figlio di mio fratello Anaèl. Tutta l’amministrazione passò sotto il suo controllo.

22. Achikàr intercedette per me, e così io potei tornare a Ninive. In realtà Achikàr era già stato gran coppiere, guardasigilli e capo dell’amministrazione delle finanze sotto Sennàcherib, re dell’Assiria, e Assarhàddon lo aveva soltanto riconfermato nelle sue funzioni.Come ho detto, Achikàr faceva parte della mia parentela, dato che era mio nipote.