Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (Deuterocanonici)

Romani 7:8-24-25 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (Deuterocanonici) (TILCD)

8. Il peccato allora, da quel comandamento, ha preso l’occasione per far nascere in me ogni specie di desideri. Invece, dove non c’è la Legge, il peccato è senza vita;

9. e io prima vivevo senza la Legge, ma quando venne il comandamento, allora il peccato prese vita,

10. e io morii. Così il comandamento che doveva condurmi alla vita, nel mio caso mi ha condotto alla morte.

11. Il peccato infatti ha colto l’occasione offerta dal comandamento, mi ha sedotto e mi ha fatto morire per mezzo dello stesso comandamento.

12. Di per sé, la Legge è santa e il comandamento è santo, giusto e buono.

13. Quel che è buono sarebbe dunque diventato per me causa di morte? No! È il peccato che causa la morte: si è manifestato per quel che realmente è, si è mostrato in tutta la sua violenza per mezzo di una cosa buona, servendosi cioè del comandamento.

14. Noi certo sappiamo che la Legge è spirituale. Ma io sono un essere debole, schiavo del peccato.

15. Difatti non riesco nemmeno a capire quel che faccio: non faccio quel che voglio, ma quel che odio.

16. Però se faccio quel che non voglio, riconosco che la Legge è buona.

17. Allora non sono più io che agisco, è invece il peccato che abita in me.

18. So infatti che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. In me c’è il desiderio del bene, ma non c’è la capacità di compierlo.

19. Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio.

20. Ora, se faccio quel che non voglio, non sono più io ad agire, ma il peccato che è in me.

21. Io scopro allora questa contraddizione: ogni volta che voglio fare il bene, trovo in me soltanto la capacità di fare il male.

22. Nel mio intimo io sono d’accordo con la legge di Dio,

23. ma vedo in me un’altra Legge: quella che contrasta fortemente la Legge che la mia mente approva, e che mi rende schiavo della legge del peccato che abita in me.

24-25. Eccomi, dunque, con la mente pronto a servire la legge di Dio, mentre, di fatto, servo la legge del peccato. Me infelice! La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà? Rendo grazie a Dio che mi libera per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore.