Giovanni Diodati Bibbia 1649

Romani 7:7-19 Giovanni Diodati Bibbia 1649 (IGD)

7. Che diremo adunque? che la legge sia peccato? Così non sia; anzi, io non avrei conosciuto il peccato, se non per la legge; perciocchè io non avrei conosciuta la concupiscenza, se la legge non dicesse: Non concupire.

8. Ma il peccato, presa occasione per questo comandamento, ha operata in me ogni concupiscenza.

9. Perciocchè, senza la legge, il peccato è morto. E tempo fu, che io, senza la legge, era vivente; ma, essendo venuto il comandamento, il peccato rivisse, ed io morii.

10. Ed io trovai che il comandamento, che è a vita, esso mi tornava a morte.

11. Perciocchè il peccato, presa occasione per lo comandamento, m’ingannò, e per quello mi uccise.

12. Talchè, ben è la legge santa, e il comandamento santo, e giusto, e buono.

13. Mi è dunque ciò che è buono divenuto morte? Così non sia; anzi il peccato mi è divenuto morte, acciocchè apparisse esser peccato, operandomi la morte per quello che è buono; affinchè, per lo comandamento, il peccato sia reso estremamente peccante.

14. Perciocchè noi sappiamo che la legge è spirituale; ma io son carnale, venduto ad esser sottoposto al peccato.

15. Poichè io non riconosco ciò che io opero; perciocchè, non ciò che io voglio quello fo, ma, ciò che io odio quello fo.

16. Ora, se ciò che io non voglio, quello pur fo, io acconsento alla legge ch’ella è buona.

17. Ed ora non più io opero quello, anzi l’opera il peccato che abita in me.

18. Perciocchè io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poichè ben è in me il volere, ma di compiere il bene, io non ne trovo il modo.

19. Perciocchè, il bene che io voglio, io nol fo; ma il male che io non voglio, quello fo.